il Davinotti

il Davinotti: migliaia di recensioni e commenti cinematografici completi di giudizi arbitrari da correggere

PECCATO CHE SIA UNA CANAGLIA
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339367 commenti | 64168 titoli | 25456 Location | 12652 Volti

Streaming: pagine dedicate

Location Zone

  • Film: Matrimonio a Parigi (2011)
  • Luogo del film: La casa galleggiante sulla Senna nella quale abitano Annibale (Salvi) e Anita (De Nardis)
  • Luogo reale: Lungotevere Arnaldo da Brescia, Roma, Roma
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  • Film: La compagnia del Cigno (serie tv) (2019)
  • Multilocation: Conservatorio di Musica Giuseppe Verd
  • Luogo reale: Via Conservatorio 12, Milano, Milano
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ULTIMI VOLTI INSERITITUTTI I VOLTI

  • Bruno Pesaola

    Bruno Pesaola

  • Karin Skarreso

    Karin Skarreso

Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.

ULTIMI COMMENTI

Commento di: Pigro
Un reporter documenta i primi 20 giorni di assedio di Mariupol, ed è una testimonianza agghiacciante. Non la guerra della politica e degli eserciti, ma quella vissuta dai civili in un’infinità di microstorie, tra strade e soprattutto ospedali, che raccontano la città ucraina aggredita dai russi: paura, isolamento, razzie, disperazione e tante morti. Chernov incarna il senso più alto del giornalista che mostra i fatti (in immagini scioccanti) e al contempo monta un film di potente tensione drammatica, umana, civile. Durissimo: un oceano di dolore.
Commento di: B. Legnani
Strambo filmetto a episodi che, più che un musicarello, pare una sorta di pubblicità del Servizio Militare. Renis-Palmer: decisamente scarso, con unico momento accettabile, quello dell'equivoco in casa della Steni. Noschese-Izzo-Del Frate: pessimo, spesso fastidioso, decisamente il peggiore. Chiari-Campanini-D'Andrea: il migliore, grazie al Walter nazionale, finto furbo e simpatico stralunato. Franchi-Ingrassia: il più corto, con qualche momento carino, come quando Franchi, che parla Amarico, traduce le frasi delle possibili punizioni, fino al tremendo castigo a loro due destinato.
Commento di: B. Legnani
Premessa: se all'epoca presentare tre spogliarelli abbastanza avanzati portava a un buon guadagno si può comprendere perché venissero fatti "film" come questo. Dal punto di vita cinematografico e narrativo il film è catastrofico, con personaggi che recitano battute penose, nonostante qualcuno abbia una buona carriera o in atto o in divenire. I 20' con Franchi e Ingrassia sono agghiaccianti: vien da pensare che abbiano girato il tutto in un giorno, senza uno straccio di copione. L'unica àncora di salvezza l'ha il grande Mario Carotenuto, che mostra talento pure in film così.
Commento di: Valcanna
Folk Horror che Garland fotografa in tinte rosso verdi nella magnificenza della campagna inglese. Il film pone la lente sulle dinamiche che si si sviluppano nei rapporti di coppia malati, in cui i sensi di colpa e le prepotenze portano a vivere situazioni al limite della follia. Fotografia sublime che posa con delicatezza le sue tinte su una colonna sonora di raro impatto emozionale. Tra canti post gregoriani e simbolismo neo pagano il film è assolutamente godibile. Il finale potrebbe essere riassunto dal testo di una famosa canzone: "The same old fears, wish you where here". Valido.
Commento di: Panza
Costruito sul racconto della vita quotidiana di due trentenni, è uno spaccato abbastanza riuscito della condizione di incertezza di una generazione che era appena uscita dai fermenti politici (e a volte rivoluzionari) del decennio precedente. Questo racconto cronachistico, con pochissime svolte, talora si avvita su se stesso, mentre in altre scene riesce a calare nella condizione esistenziale dei protagonisti. Simpatico il ritratto autoironico del teatro underground romano. In parte la coppia di protagonisti (Barbareschi e Gleijeses), curiose le canzoni punk di Anna Melato.
Commento di: Rigoletto
Aria di crisi in casa Kramer, fra un uomo di successo (Hoffman) e la moglie depressa (Streep) che decide di mollare tutto. Per Ted è uno shock, ma si farà in quattro per non far pesare troppo la situazione al bambino. Finché... I protagonisti sono grandiosi, Hoffman più della Streep, la regia di Benton è asciutta e poco incline al lacrimoso, ma il suo è un film che sembra andare avanti col freno a mano tirato. Ci si aspettava di più nella componente legale. Pecca anche di un finale che cade quasi dal niente e che non può lasciare del tutto soddisfatti.

ULTIMI PAPIRI DIGITALI

Solido giudiziario che porta in scena uno dei casi di cui si occupò il giovane avvocato Thurgood Marshall (Boseman), abituato a perorare, per conto della NAACP (National Association for the Advancement of Coloured People), le cause degli afroamericani soprattutto negli stati in cui il razzismo imperava.

Siamo nel 1940 a Greenwich, in Connecticut, e l'autista nero (Brown) di una ricca signora bianca (Hudson) è accusato dalla donna di averla stuprata e successivamente gettata nel fiume da un ponte. L'uomo nega recisamente e Thurgood, che come missione ha quella di difendere...Leggi tutto solo chi è convinto sia innocente, gli crede. Scelto come partner un giovanissimo avvocato delle assicurazioni, Sam Friedman (Gad), inizialmente riluttante (non si era mai occupato di penale, fin lì), seguirà il processo senza poter parlare in aula, come impostogli dal giudice (Cromwell).

L'impostazione è quella più tipica del genere, affrontata linearmente e con estrema chiarezza in modo da poter mettere in luce le qualità di un soggetto che propone diversi punti interessanti e intuizioni sfiziose, come quella di proporre come avvocato della difesa un ebreo in un momento storico (l'alba della Seconda Guerra Mondiale) in cui la razza ebraica veniva crudelmente perseguitata ancor più di quella afroamericana. L'interrogazione dei testimoni, i battibecchi tra gli avvocati, gli interventi del giudice, i piccoli colpi di scena disseminati come d'abitudine tra una testimonianza e l'altra, permettono di mantenere alta l'attenzione di chi guarda, mentre la lodevole prova corale del cast aiuta a entrare ancor meglio nella vicenda parteggiando inevitabilmente per la parte dell'accusato.

Ottimo il modo con cui sono costretti a comunicare Thurgood e Sam senza che il primo possa aprire bocca, mentre all'avvocato della donna viene concesso uno sprazzo d'umanità nell'ultima parte, di fronte al grido disperato di chi cerca di far capire come per chi è nero, in America, non sia affatto facile agire come logica richiederebbe. E se anche non si tratta di una commedia, qualche rara battuta si riesce a infilare comunque (Thurgood che racconta a Sam perché fin dall'infanzia ha un solo testicolo, ad esempio) e la regia garantisce un ritmo spedito che ha solo qualche piccola frenata quando divaga rispetto alla traccia del processo per dare forma ai personaggi principali (la moglie incinta di Thurgood con le serate al night, quella ebrea di Sam con i riti). Azzeccata l'interazione con montaggio alternato sviluppata per l'arringa conclusiva, interessante l'approccio al processo in chiave antirazzista, ben descritta la figura dell'accusato, al quale Sterling K. Brown è bravo a infondere la serietà necessaria.

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L'incipit ci mostra la "star" Gina Holden spinta giù da un alto dirupo a picco sul mare. Il suo killer guarda in basso per sincerarsi che sia morta, ma non la vede. Cosa mai dovremmo concludere? Chissà... Intanto si torna subito a due settimane prima, con la Holden nei panni di mamma Michelle. Marito morto da dieci anni, ha cresciuto la figlioletta Blake (Reyna) da sola e adesso che è al liceo se la coccola felice. Ragazza con la testa sulle spalle e la passione per il canto, Blake. Il suo boyfriend Mason (Summerall) le ripete che ha una voce meravigliosa e, fattosi...Leggi tutto spedire sul telefonino un video di lei che canta chitarra alla mano, lo posta sui social facendole ottenere subito uno strepitoso successo di like, reaction eccetera. Al punto che una manager musicale (Russell) la contatta immediatamente e nel giro di poche ore la porta in studio a provare.

Tutti ai piedi di Blake, tutti a dirle quanto sei brava, facciamoci un selfie, vieni con noi... La ragazza si monta un po' la testa, ignora i sani consigli di mammà e comincia a frequentare D.C. (Schwartz), un cantante già celebre che comincia a far duetti con lei e le propone di incidere per la sua etichetta. Non solo: la invita per tre giorni su di un'isola dove ha una grande villa nella quale tra palme e piscina stazionano molte altre belle figliole. Con quali vere intenzioni? La mamma e Mason son preoccupatissimi, anche perché Blake se n'è partita senza dir niente a nessuno...

Thriller per modo di dire, il film punta tutto sulla figura della ragazzina ingenua che entra in un gioco più grande di lei. Alle sue spalle la figura della madre in gamba e preoccupata cui per forza toccherà il compito di ricondurre la figlia sulla retta via, magari aiutata dal buon Mason, seriamente innamorato della dolce coetanea e che si vede cortesemente respingere non appena Blake comincia a sognare in grande. A margine il giovane Rhett (O'Halloran), che raccoglie Michelle sulla spiaggia dopo il volo dal dirupo (andiamo, chi poteva credere che fosse morta davvero?), e l'inutile figura della collega incinta (Mitchell), inserita giusto per allargare un po' il parco attori.

La tensione è ai minimi termini, a dire il vero, ma in qualche modo la storia si segue e - al netto di qualche performance canora di troppo (d'altronde l'attrice è nota su web come singer col nome d'arte di Mozart Dee) - la Reyna si rende piuttosto credibile come liceale sperduta e sognatrice. Certo il finale non è esattamente dei più travolgenti e tira avanti per inerzia, ma se le aspettative sono basse - come quasi sempre con questi tv-movie statunitensi preconfezionati - ci si può quasi accontentare. Il ritmo è buono, la storia procede senza intoppi. Certo lasciano interdetti personaggi come la manager, che tratta sgradevolmente Michelle come una “mamma stalker” prendendola pure in giro appena la poveretta cerca di capire legittimamente dove sia finita sua figlia.

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Un tema profondo e importante come la solitudine viene affrontato da Andrew Haigh (che l'ha sceneggiato partendo dal romanzo omonimo di Taichi Yamada) mescolato ad altri: l'omosessualità, il ricordo del passato, il rapporto difficile con un mondo che tende a spingerti ai margini... Il centro di tutto, il punto di vista unico, è Adam (Scott), che vive in un appartamento all'interno di un grattacielo a nord di Londra ancora pressoché disabitato. L'unico altro inquilino con cui viene in contatto è Harry (Mescal), che una sera si fa trovare alla porta del...Leggi tutto suo appartamento esplicitando senza mezzi termini le proprie preferenze (omo)sessuali; d'altra parte anche Adam è gay (o "queer", come preferisce definirsi Harry) e l'intesa esiste. Non immediata tuttavia: Adam inizialmente respinge Harry per rituffarsi nella propria malinconia.

In cerca di ispirazione (lavora come sceneggiatore per cinema e tv), il protagonista torna nella casa dei suoi genitori, morti in un incidente d'auto quando aveva dodici anni, e sorprendentemente ve li ritrova all'interno. Giovani come li può ricordare lui, lo accolgono felici e conversano fino a toccare, durante una delle ripetute visite, anche il tema dell'omosessualità del figlio, che fa coming out alla madre (Foy) lasciandola interdetta ma facendole capire quanto i tempi siano cambiati, quanto esista oggi una visione meno ristretta e ghettizzante per chi ha gusti sessuali diversi.

Nel frattempo a Londra la relazione con Harry si è evoluta e i due si incontrano regolarmente, fanno sesso fino a quando Adam invita l'amico ad accompagnarlo dai genitori, scoprendo quando suona alla porta che quelli non sembrano più essere in casa. Harry non se ne stupisce, ma attraverso i vetri pare intravederli pure lui.

Sospeso in una terra di mezzo posta tra il reale e l'onirico ma privo di espedienti che visivamente in tal modo lo connotino, il film lavora in questa direzione più attraverso musiche di matrice "ambient" che collegano le scene utilizzando suoni quasi monotonali. Dialoghi ragionati e lunghi silenzi mostrano l'importanza che alcuni concetti rivestono all'interno della storia mentre minuto dopo minuto Adam (e noi con lui) sembra sempre più sprofondare in un'avventura surreale a cui fanno da contraltare scambi verbali improntati al contrario a uno stringente realismo. L'ottima prova di Andrew Scott, che comunica un costante senso di spaesamento, inadeguatezza, indecisione, sbigottimento, è sicuramente da annoverare tra i punti di forza di un'opera che comunque propone un approccio maturo e autoriale (lungaggini comprese, con innesti talvolta soporiferi) e si avvia verso una soluzione che richiama alla mente altre produzioni magari meno ricercate e mature ma che seppero giocare con successo con entità di natura apparentemente inspiegabile.

Evidente lo sforzo d'immergere l'intera vicenda in un clima indecifrabile, confortato da belle scelte d'ambiente (l'appartamento moderno e quasi sempre al buio di Adam) e da canzoni "queers" di ottima qualità: Housemartins, Pet Shop Boys e il capolavoro dei Frankie Goes to Hollywood "The Power of Love" ("Keep the Vampires From Your Door", la frase chiave nel testo) come brano dominante a chiudere poeticamente. Intimista nella più profonda accezione del termine, delicato, a tratti sorprendente, per quanto sconti una certa piattezza e qualche intermezzo interlocutorio non necessario negli incontri tra i due uomini. Finale da interpretare.

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Il tenente Colombo

Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA

L'ISPETTORE DERRICK

L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA

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